“…Voi li volete muti e Dio v’ha fatto ciechi”

Quale danno irreparabile viene apportato alla classe dirigente della nostra nazione dall’attuale deriva meritocratica? Oppure la “meritocrazia ha come obiettivo recondito quello di applicare le considerazioni di Pareto, circa le élite, in modo da “sterilizzare” le classi subalterne a favore della concezione etica dominante?

Rispondere a queste domande richiederebbe una qualche “valutazione”  del processo educativo che la nostra scuola svolge che deve essere necessariamente fatto alla luce dei principi dettati dalla costituzione italiana.

I punti che si occupano della formazione possono essere riassunti nei seguenti:

Art. 3.

………..

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

………….

Art. 9.

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

………….

Art. 33.

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato………..

Art. 34.

La scuola è aperta a tutti.

L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Certamente la nostra costituzione, in parte, non usa l’orizzonte di Pareto nel porsi la questione della formazione e dell’istruzione, forse la fa propria in senso democratico Lo fa quando si preoccupa di far raggiungere “ai meritevoli e capaci i i più alti livelli di studio”; quando impone che l’accesso alle professioni ed agli incarichi statali sia garantito attraverso pubblici concorsi in modo da garantire sempre che ci sia coincidenza tra il valore delle persone ed il ruolo che esse ricoprono (in questo contesto non deve essere perso di vista quanto scritto nell’articolo “Dell’Esperto e della Società”). Ciò che differenzia la nostra costituzione rispetto alla sociologia di Pareto è l’insieme dei valori all’interno dei quali è confinato l’agire dell’élite e sopratutto l’aspirazione che in una democrazia non vi sia una subalternità dei governati rispetto ai governanti.

Nella prospettiva “Paretiana” si muove invece l’attuale deriva meritocratica, che lungi dall’essere animata dallo spirito costituente, ha come obiettivo quello di drenare le classi subalterne, questo sia su scala nazionale che internazionale, dei loro elementi migliori adescandoli con l’uso dei metodi più abietti che nella metodologia riproducono quelli usati dagli spacciatori in modo che non venga messo in discussione come è avvenuto in passato, il potere delle élite dominanti.

Si prenda in considerazione per esempio il modo con cui vengono analizzati i risultati  raccolti attraverso test internazionale come il TIMMS (“Trends in International Mathematics and Science Study) o il PISA (Programme for International Student Assessment).  L’orizzonte etico dei sistemi di valutazione, TIMMS e PISA,  è chiaramente il “sistema di economia globale” (global economy), che non è certo in linea con i dettami costituzionali.
Quale sia la prestazione sulla quale le istituzioni che fanno formazione vengono misurate viene chiaramente affermato nelle introduzioni di entrambi i rapporti fin dalle primi righe all’unisono. Nel rapporto PISA in modo più netto l’attenzione vien posta sul fatto che:

“..Corporation, studi professionali, e governi [le corporation vengono sempre prima NdR…] tutti sanno che debbono porre attenzione su come il gruppo dal quale selezioneranno i loro dipendenti viene creato..”

Una forma di esternalizzazione dei costi (externalities termine inglese con il quale si indicano i costi che gravano su terzi per un contratto firmato tra due parti) di formazione “professionale” sulla società, una vecchia tecnica di condivisione dei costi e di privatizzazione dei profitti. Nella prefazione al rapporto del TIMSS, sono stati un pò più umani,  facendo riferimento al fatto che una buona educazione sia importante “anche” nello sviluppo personale di un cittadino.

La diversa prospettiva dalla quale muovono i ricercatori del PISA e del TIMSS rispetto alla costituzione italiana rendono il significato di questi dati dal punto di vista del sistema scolastico italiano al minimo parziale e sicuramente fuori contesto. Deve essere quindi ritenuto sicuramente non un insuccesso, per la scuola di base Italiana, risultare al sedicesimo posto dato che i suoi studenti non debbono essere preparati nell’ottica dei test proposti.

Guardando meglio i dati riportati nella figura successiva si nota poi che il risultato medio, sull quale è fatta la classifica, è solo dello 8% al di sotto di quello del Kazakhstan che guida il secondo gruppo di nazioni all’interno del quale l’Italia.

L’italia si trova poi nello stesso gruppo con Germania, Olanda, Russia, Inghilterra e molte delle Nazioni economicamente più sviluppate. Oltre a questo va fatto notare poi il fatto che la scuola italiana è una delle migliori nella Deviazione Standard solo 77 contro il valore minimo dell’Olanda 61.

A quale logica ha risposto quindi l’imposizione di una riforma proprio al segmento della scuola italiana che in apparenza ha le prestazioni migliori rispetto alla scuola sia quella secondaria che primaria ( precedente scuola media)?

Se si aggiungono i risultati della comprensione linguistica mostrati nel rapporto PIRLS dovremmo essere orgogliosi del lavoro che fanno le nostre insegnati a scuola.

Infatti se si raggruppano le varie regioni canadesi e si tien conto del fatto che la classifica è fatta solo sui pochi che raggiungono un risultato di alto livello, si scopre che l’Italia è fra le prime nazioni per ciò che concerne l’insegnamento della comprensione linguistica. Tenendo conto che per esempio il risultato dell’Inghilterra e della Bulgaria è sicuramente peggiore di quello dell’italia in quanto hanno una percentuale in proporzione molto bassa di alunni che superano il livello di comprensione intermedio ( rispettivamente 78% e 82% contro un 87 dell’Italia e 90 della Russia), è con soddisfazione che possiamo dire “…è possibile non lasciare nessuno indietro..” e pensare che qualcosa è cambiato rispetto a quando Don Milani diceva “..voi li volete muti…”

 Uniamo ora a questi dati quelli forniti dal consorzio CISIA fra le università che debbono svolgere i test per l’ingresso alle facoltà con numero programmato. Due dati voglio presentare, il primo nostra l’assenza di correlazione tra il voto di diploma ed il risultato al test di ingresso

Questo a prima vista perché se si raccolgono i dati per scuola di provenienza si scopre che la dispersione da risultati più elevati quando la scuola di provenienza è un Liceo. Detto in modo più semplice “scaldare la seggiola” (come amano dire i Proff.) per 5 anni in una classe di Liceo, anche con il rischio ogni anno di essere bocciato (la carriera di un 60 al diploma), permette di ottenere un risultato al test di ingresso migliore rispetto a quello di uno studente di una scuola tecnica o professionale con una carriere scolastica equivalente. Come mostrano i tre grafici seguenti.

Ed ora passiamo all’ultimo grafico, il seguente che mostra la correlazione tra il risultato al test di ingresso e la carriera universitaria.

 

I dati vengono mostrati da due punti di vista opposti nel primo si fanno vedere gli abbandoni nel secondo il tempo per la laurea entrambi rispetto all’appartenenza dello studente al “decile” classificato in base al risultato del test per l’accesso alla facoltà. Tali dati vengono presentati a giustificazione del fatto che il test di ingresso

“..ha un elevato livello di predizione delle future prestazioni delle matricole.”.

Mi sembra un classico esempio di affermazione riflessiva così come viene classificata da G. Soros (pag. 48 la crisi del Capitalismo Globale, Ponte delle grazie 1998), il cui valore di verità è influenzato dall’effetto che esso produce nella realtà, più semplicemente questi enunciati condizionano la realtà alla quale si riferiscono facendo scomparire quella categoria che chiamiamo “realtà”.

Se metto in piedi un sistema atto a favorire coloro che hanno buoni risultati ad un certo test ha poco senso che poi vada a verificare le prestazioni di chi ha fatto quel test per poter giustificare l’efficacia del test, semmai potrei dire che non ho raggiunto l’obiettivo che mi ero prefisso e cioè di favorire qualcuno.

Le mie riflessioni mi portano a ripensare a due considerazioni che ho tratto dalla lettura di “lettera ad una professoressa”. Fa bene ai ragazzi anche soltanto stare ad ascoltare e vivere un certo ambiente come accade a quelli “che “scaldano la seggiola” nei licei e la seconda che scaturisce dalla domanda:

“quale effetto ha avuto l’Università sulla popolazione che ha sostenuto il test di ammissione?”

la cui risposta è nessuno.

L’Università ha semplicemente certificato (come fa un qualsiasi ente certificatore) quella che era la situazione di partenza. Per un ente che opera all’interno del quadro espresso dagli articoli riportati della costituzione il proprio fine istituzionale è stato adempiuto? Cosa fareste ad un tornitore che fa rotondi solo i pezzi che arrivano già rotondi?

 

One Reply to ““…Voi li volete muti e Dio v’ha fatto ciechi””

  1. Il problema di fondo è che quello che oggi si considera eccellenza è si e no pari a quello che 60 anni fa sarebbe stato considerato sufficienza. Detto altrimenti occorre riprogettare l’insegnamento, la didattica, la scuola nel suo complesso non schiacciandosi su parametri di qualità viziati in partenza.

    Matteo

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